Sindrome dell’intestino irritabile
- by Varriale Prof. Massimiliano
- 3 apr 2023
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La sindrome dell'intestino irritabile, che una volta veniva definita "colite spastica" o "colon irritabile", si presenta tipicamente con un fastidio o dolore addominale, che migliora dopo l'evacuazione.
Vi può essere stipsi, diarrea oppure entrambe, ossia, con alternanza fra stipsi e diarrea. Spesso i pazienti sperimentano una riduzione della qualità della vita, e circa il 60% di essi lamenta anche debolezza ed affaticamento.
L'andamento è cronico con carattere fluttuante e nel corso degli anni le riacutizzazioni dei sintomi coincidono con eventi stressanti, sia di tipo fisico (es. interventi chirurgici, infezioni virali o batteriche), che di tipo psichico (es. stress, separazioni, lutti). Le donne ne sono interessate in misura doppia rispetto agli uomini.
Chi soffre di Sindrome dell'Intestino Irritabile spesso presenta sintomi anche di emicrania, ansia, depressione, fibromialgia, fatica cronica, cistite e problemi nella sfera sessuale.
La sindrome del colon irritabile è il disturbo senza cause organiche più comune e frequente. Infatti non è ben chiara la causa scatenante ma le persone affette dal problema sovente sono ansiose, manifestano tensione o aggressività e depressione.
Il paziente accusa dolore e gonfiore addominale, diarrea o stipsi. Il dolore è sicuramente una condizione sempre presente in tutti i soggetti e può insorgere in qualsiasi parte dell’addome, ma più comunemente si manifesta al fianco sinistro, peggiora con l’assunzione di cibo ed è raro nelle ore notturne. Possono manifestarsi problemi di stipsi con distensione addominale ed espulsione di feci dure e secche, oppure di episodi a volte violenti di diarrea.
Poiché si tratta di una malattia dell’apparato digerente, molti ritengono che sia collegata a cause alimentari. In realtà non è affatto così, ma una cattiva alimentazione o determinati alimenti possono aggravarla, infatti chi soffre di intestino irritabile spesso ha cattive abitudini alimentari: pasti squilibrati consumati rapidamente, troppo carichi di grassi e cibi raffinati.
Gli alimenti che peggiorano il disturbo non sono gli stessi per tutti i soggetti, il che comporta un attento esame individuale della dieta. È utile che il paziente tenga un diario alimentare per avere un tracciabilità dei cibi scatenanti il malessere, dopodiché si può adottare una strategia simile a quella indicata per le intolleranze alimentari, escludendo e/o inserendo l’alimento incriminato e verificando la reazione personale.
Il linea generale, è meglio evitare pasti abbondanti e concentrati, ma cercare di frazionare l’alimentazione in 4-5 pasti giornalieri consumati lentamente: infatti una masticazione lenta e costante determina un’ottimale triturazione del cibo aumentandone la digeribilità. Inoltre, le preparazioni devono essere molto semplici, evitando pasti elaborati e/o molto conditi, con un adeguato consumo di fibre (frutta e verdura) e assumendo un buon apporto di acqua. La cottura dei cibi può avvenire nei modi classici: bolliti, sulla piastra, a vapore.
Alimenti a rischio: latte; dolcificanti: sorbitolo, fruttosio; marmellata; frutta: pesche, prugne, pere, succo di agrumi; verdura: cavoli, carciofi, spinaci, cipolle, rucola, cetrioli, pomodori; spezie; cioccolato; caffè; the; menta; bevande contenenti caffeina; alcool; bevande gassate.
Il consumo dei prodotti integrali va messo in relazione al tipo di alvo: se cioè la manifestazione clinica dell’alvo è tendenzialmente stitica allora migliorano la situazione; diversamente se tendenzialmente diarroico la peggiorano. Latticini sono ammessi, ma in quantità limitata. Bene allo yogurt, ma solo per chi non è intollerante ai latticini. Da evitare le verdure notoriamente causa di gas intestinali come cipolla, cavoli, verze, cavolfiore, radici, legumi (fagioli, ceci, lenticchie, ecc.).