Emorroidi: abbattiamo il tabù delle patologie anali
- by Varriale Prof. Massimiliano
- 16 giu 2022
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In medicina, le emorroidi indicano la dilatazione varicosa delle vene emorroidarie, con formazione di noduli di varia grandezza, di colorito violaceo o rosso violaceo, molli, disposti in vario numero sul contorno dell’ano.
Cenni storici
La parola emorroide deriva dal greco aima, ‘sangue’, e reos, ‘scorrere’. L’etimologia indica che, già nell’antica Grecia, il sintomo più importante e appariscente della malattia, capace di destare grande attenzione, fosse proprio il sanguinamento anale.
Le notizie in merito sembrano risalire ai babilonesi, ma sono stati ritrovati papiri egizi riguardanti le cure di affezioni ano rettali. La storia, ovviamente, non finisce qui. Leonardo Da Vinci aiutò Re Francesco I di Francia a sopportare le sue emorroidi ed è proprio a causa di queste che, probabilmente, Napoleone perse la battaglia di Waterloo: usò un unguento agli oppiacei, per ridurre il dolore che lo tormentava, che lo indusse al torpore e al ritiro nella sua tenda.
Teoria emodinamica vs. Teoria dello scivolamento (o prolasso) del tessuto emorroidario
Fino al XIX secolo la malattia era stata spiegata con la teoria emodinamica: le emorroidi sono delle semplici strutture vascolari le quali, a un certo momento per cause non ben chiare, si dilatano sino a diventare vere e proprie varici, provocando un sanguinamento copioso. Sulla base di questa credenza, la terapia adottata era l’asportazione delle emorroidi.
La svolta si ebbe nel 1975 grazie a Thompson, il quale riuscì a identificare la corretta anatomia delle emorroidi. Il medico notò che le emorroidi erano dei cuscinetti costituiti da agglomerati vascolari finemente intrecciati tra loro dove, al variare de flusso sanguigno al loro interno, variava il volume del cuscinetto. Tale identificazione rese possibile la comprensione della loro funzione: attraverso il variare dei flussi di sangue al loro interno essi vedono aumentare il proprio volume contribuendo pertanto alla contenzione dei gas e dei liquidi.
Su questo modello anatomo fisiologico, Thompson dimostrò come la patologia insorga per la lenta e progressiva riduzione per distruzione delle fibre muscolari che mantengono e supportano il tessuto emorroidario. Di conseguenza, si ha quello che si definisce lo scivolamento del tessuto emorroidario verso il canale anale e quindi verso l’anoderma. Questo atteggiamento innaturale del tessuto emorroidario ne determina il rigonfiamento eccessivo di sangue, quindi la congestione e il sanguinamento. In definitiva, la patologia emorroidaria insorge per il prolasso del tessuto emorroidario.
La scoperta annullò, così, la teoria precedente, che venne sostituita con quella, appunto, dello scivolamento o prolasso del tessuto emorroidario dovuto alla lesione dei legamenti di sospensione delle emorroidi a causa tutta ancora da identificare.
I sintomi
In Italia circa 3 milioni di persone soffrono di questa patologia.
In proctologia, il 50% dei casi di sanguinamento ano rettale è dovuto alle emorroidi. Generalmente, il sanguinamento anale, di colore rosso vivo, si manifesta durante la defecazione e può sporcare le feci o presentarsi subito dopo, come gocciolamento. La quantità di sangue persa è variabile e dipende dalla congestione del tessuto emorroidario.
È proprio il sanguinamento, soprattutto quando copioso, a spaventare il paziente. In alcune occasioni, il sanguinamento può avvenire all’interno dell’ampolla rettale tanto da simulare lo stimolo alla defecazione, dando luogo all’emissione di coaguli. In questo caso c’è un concreto rischio anemizzazione, motivo per cui è molto importante ricorrere a una visita proctologica e allo svolgimento di un emocromo di controllo.
Un altro sintomo comune è la sensazione di peso. Questa, dipende dal prolasso rettale, ed è tanto più evidente al paziente quanto più importante è la quantità di parete prolassata. Il senso di peso riferito può essere anche determinato dall’ingombro emorroidario: maggiore è la congestione, più evidente è il sintomo. Spesso, questa sensazione limita la qualità di vita del paziente sino a ridurne le attività sociali e di relazione.
In base al grado di prolasso, si possono verificare altri sintomi. Quello più comune è l’ipertono sfinteriale: l’aumento del tono sfinteriale associato alla ragade, cioè piccola fessurazione del bordo anale. Questa ipertrofia è accompagnata dalla sensazione di non aver evacuato completamente o stimolo vago di defecazione, dal dolore o anismo, dal bruciore anale. L’ano umido e il conseguente prurito sono gli altri sintomi che appartengono alla malattia emorroidaria.
La malattia porta con sé la possibilità di sviluppare importanti infezioni, compresa la condilomatosi.
In ultimo, il quadro clinico più critico della malattia emorroidaria può portare alla trombosi: i gavoccioli emorroidari congesti e prolassati possono diventare turgidi e dolenti per la presenza al loro interno di trombi, coaguli di sangue. Solitamente, il quadro clinico evolve al miglioramento in qualche settimana attraverso la terapia medica e l’alimentazione specifica.
Conclusioni
Le emorroidi sono abbastanza diffuse e invalidanti. È fondamentale, dunque, che i pazienti superino l’ostacolo della vergogna e si rivolgano immediatamente allo specialista. Troppo spesso ciò che riguarda colon retto, ano, apparato genitale, ecc., viene ancora percepito come tabù e non curato e trattato tempestivamente può causare danni molto più gravi. Ecco perché è bene scardinare la vergogna che circonda determinate patologie! Infine, la patologia emorroidaria è più complessa di quanto sembri e, nelle prossime settimane, ne illustreremo altri suoi aspetti, come ad esempio la possibile (e frequente) comparsa in gravidanza.